Cavour e Mazzini due protagonisti del Risorgimento rivisti da artisti contemporanei
All’interno di un elegante e tranquillo salotto borghese, dalle cui finestre si intravedono le evoluzioni aeree delle Frecce tricolori, un’avvenente ragazza getta un po’ di esuberante scompiglio. Una Giovine Italia che intende scuotere le meditabonde riflessioni di Cavour e Mazzini, accomodati in salotto. È costei, forse, l’anima di una nascente nazione che desidera comunicare la sua intensa vitalità e aprirsi con gioia al futuro? Questo è il tema sviluppato da Paolo Vegas, proposto con un linguaggio visivo che fa leva su forme e sintagmi dell’attuale comunicazione pubblicitaria.
Museo della Mafia Salemi
COSA NOSTRA SACRO SANTO NOSTRA COSA
Le narrazioni visive di Paolo Vegas
Francesco Santaniello per Biella Lives
“C’è bisogno di qualcosa di nuovo. Non di un realismo illustrativo, ma di un realismo che sia il risultato di una vera invenzione, di un modo veramente nuovo di intrappolare la realtà in qualcosa di assolutamente arbitrario.”
Francis Bacon
Si può in qualche modo imbrigliare la realtà di questo nostro problematico presente? Sembra di sì. Il linguaggio polisemico dell’arte è ancora uno strumento efficace per fare ciò. Come ci dimostrano le opere di Paolo Vegas. Opere che possiamo considerare come una perfetta sintesi dell’attuale società, definita “liquida” o “dell’accelerazione”, dove tutto, informazioni, emozioni, immagini, esperienze, scorre sempre più velocemente e freneticamente in un logorante, banalizzante flusso massmediatico. E dove il fattore determinante di ogni questione sembra essere la velocità della connessione internet. Ecco allora il valore salvifico dell’arte, che al di là del pur fondamentale piacere estetico può indurre alla presa di coscienza, alla ricerca dello sfuggente senso della realtà e rivelare la sottile elegia del quotidiano. Vegas ci aiuta a leggere certi aspetti della contingenza che hanno attirato la sua attenzione. L’artista biellese riesce a “intrappolare la realtà in qualcosa di assolutamente arbitrario” non solo perché inserisce nelle sue opere alcuni simulacri o oggetti prelevati dalla quotidianità privandoli della prosaica funzione utilitaristica, ma soprattutto per la mirabile capacità di sviluppare complessi sistemi iconografici, immaginifici, poetici, evocativi, non certo privi di molteplici risvolti concettuali. Paolo Vegas, rifuggendo il descrittivismo aneddotico-didascalico, intrappola le realtà che indaga destrutturandone ogni riferimento per farne emergere l’essenza. Sonda la perturbante condizione dell’Essere contemporaneo: il suo sguardo va oltre le mere apparenze e squarcia il “Velo di Maya” delle convenzioni e delle finzioni per disvelare le inesauribili possibilità interpretative riguardanti il mondo e il nostro strare al mondo. In ogni suo lavoro egli propone un discorso visivo articolato, complesso ma non complicato, fatto di stratificazioni e giustapposizioni di immagini, concatenate tra loro attraverso un processo d’ascendenza surrealista rivisitato in chiave postmoderna, con continui rimandi, analogie, assonanze o contrapposizioni antitetiche. Con questa peculiare sintassi l’artista ha elaborato un codice linguistico atto alla narrazione di ciò che la sua sensibilità poetica e demiurgica, filtrata dalle lenti della memoria e del sentimento, capta oltre i consueti parametri della conoscenza empirica. Un linguaggio che, al di là dei temi affrontati, è già contenuto, basato com’è su un sistema iconografico-comunicativo adatto all’Homo videns, immerso costantemente nelle turbinose correnti degli abissi visivi dell’era attuale. L’opera d’arte diviene così un dispositivo capace di attivare un processo conoscitivo e in grado di coinvolgere a pieno le facoltà visive e intellettive del fruitore. Attraverso la sua ricerca espressiva Paolo Vegas ci rammenta anche del “relativismo cognitivo”, ovvero del fatto che la percezione, e di conseguenza anche il significato, della realtà cambia in base al punto di vista e/o all’esperienza dell’osservatore. Ecco allora le sue caleidoscopiche immagini, nelle quali si avvera il sogno dei cubisti: modellare liberamente il tempo e lo spazio per descrivere la simultaneità di più momenti di una stessa storia o l’istantanea sovrapposizione di differenti eventi e luoghi. Paolo Vegas traduce nello spazio bidimensionale di ciascuna opera le categorie del tempo (del resto Einstein ha sentenziato: “Lo spazio è una questione di tempo”) e con gli inserti oggettuali proietta il suo racconto nella dimensione attuale di chi osserva. Così facendo definisce uno spazio dell’inconscio ottico, in cui riconosciamo forme e sintagmi della quotidianità che sono stati decontestualizzati e liberati dalla logica del principio causa-effetto per offrire inusitate possibilità esperienziali e farci scoprire qualcosa in più su noi stessi o sulla nostra maniera di guardare il mondo.
Roma, febbraio 2020